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| Domenica 18 Aprile 2021 S. Galdino; S. Atanasia; B. Sabina Petrilli 3.a di Pasqua (anno B) Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto At 3,13-15.17-19; Sal 4; 1Gv 2,1-5a; Lc 24,35-48
VANGELO
Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno.
+ Dal Vangelo secondo Luca 24,35-48
In quel tempo, [i due discepoli che erano tornati da Emmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».
Parola del Signore.
OMELIA
Siamo oggi a due settimane dalla Pasqua e le letture, la Parola di Dio risentono ancora del clima di festa, del clima di gioia pasquale per la risurrezione di Gesù. Luca nella prima lettura dagli Atti degli Apostoli ci racconta di Pietro, Pietro che dopo la discesa dello Spirito Santo non ha più paura. Prima le porte del Cenacolo erano serate, chiuse per paura, oggi Pietro esce dal Cenacolo, comincia a predicare, comincia a dare testimonianza, e con parole dure contro i giudei, contro i farisei… «Voi avete ucciso l’autore della vita!» E Pietro sottolinea un paradosso: Pilato, un pagano, non solo, uno scettico, mosso da un senso innato di rettitudine, di giustizia, ha fatto di tutto per liberare Gesù, per preservare Gesù dalla condanna a morte. Invece i capi del popolo eletto lo hanno crocifisso. Ma Pietro continua a parlare, senza paura, senza timore. E alcuni credono, si convertono. Chiedono: «che cosa dobbiamo fare? Come riparare il peccato?» «Pentitevi, pentitevi e cambiate vita». Anche a noi, oggi risuonano queste stesse parole di Pietro. Noi siamo presenti, per mezzo della liturgia, siamo presenti a quell’evento. A noi oggi, come allora, san Pietro dice: «pentitevi e cambiate vita». E forse non si tratta solo della confessione, non si tratta di un semplice pentimento. Si tratta del cambiar vita, del cambiare le nostre visioni, i nostri ideali, le nostre strade… per sostituire le nostre con quelle di Cristo. Non è una cosa semplice e non è immediata. È un processo che ha un inizio, che parte, inizia, per non finire più se non in Dio. Perché quanto più ci avviciniamo al Signore, quanto più gli siamo vicini, tanto più ci accorgiamo quanta strada abbiamo ancora davanti, quanto abbiamo ancora da camminare… Nel Vangelo invece vediamo Gesù in mezzo ai suoi discepoli. Cristo non ci lascia soli come non ha lasciato soli gli apostoli. Dopo la sua risurrezione appare loro molte volte. Nei quaranta giorni tra la Pasqua e l’Ascensione continua ad essere con loro. Parla con loro, mangia, rimprovera la loro incredulità, risolve i dubbi… Tutto questo per rafforzare la loro fede, tutto questo per rinsaldarli, renderli più convinti. Fare di loro missionari, testimoni. E il Vangelo si conclude proprio così: «Di questo voi siete testimoni». Testimoni della morte, della risurrezione, dell’amore, testimoni e servitori del Vangelo di Cristo. Questo è il compito che Gesù lascia ai discepoli, lo lascia a tutti coloro che lo vogliono seguire. Alla fine della messa noi usciamo di Chiesa, torniamo alle nostre case, ai nostri impegni, ma dobbiamo uscire da qui cambiati, trasformati dall’incontro con Cristo, diversi, come i discepoli di Emmaus, che, senza guardare che era notte, senza guardare la fatica del ritorno, senza indugio tornano a Gerusalemme per annunziare la buona novella. Che cosa impariamo oggi, che cosa ci insegna la Liturgia della parola? La prima cosa dovrebbe essere proprio quella dell’ammonimento di Pietro: Pentitevi e cambiate vita. A questo Gesù aggiunge: siate i miei testimoni. Ed è proprio questo che ci chiede oggi il Signore, di essere suoi testimoni, testimoni che la vita ha un senso, che la vita ha un fine, uno scopo, una direzione precisa che è Cristo Gesù. Non è vero che il male è più forte del bene, non è vero che la morte è la fine di tutto, non è vero che la vita non ha senso! Noi siamo testimoni del bene, della vita senza fine, siamo qui per guadagnarcela. Se cerchiamo con tutte le forze di essere suoi testimoni, testimoni del suo amore che egli riversa nei nostri cuori, quell’amore sarà in noi veramente perfetto e la sua pace, la pace che egli ci dona, dimorerà in noi.
(Padri Silvestrini)
Meditazione sul Vangelo di Lc 24,35-48
Gesù il giusto.
Noi tutti abbiamo un avvocato presso il Padre: “Gesù Cristo giusto”. Abbiamo Qualcuno che ci appoggia, che parla bene di noi, che non ci giudica secondo le apparenze né per sentito dire, e può farlo proprio perché è “giusto”. Davanti al Padre Gesù pone la nostra bellezza insieme all’amore con cui Lui ci rende belli. E questo amore è ciò che ci difende davanti a tutto quanto vuole corromperci, imbruttirci, sviarci. Satana desidera la divisione a partire dal nostro cuore: a volte non ci fa vedere il nostro peccato e le sue ripercussioni, in altre occasioni invece ci mostra tutta la nostra incoerenza, ma nel contempo ci toglie la speranza del perdono, della guarigione e fa apparire tutto ineluttabile. Ci rende così i primi nemici di noi stessi. Al contrario Cristo non nega il nostro peccato, non ce lo nasconde ma rimane al nostro fianco con la sua vittoria sulla morte, su tutte le nostre morti. Egli è l’unico giusto perché è l’unico che ci conosce fino in fondo e prima di fidarci delle nostre sensazioni, preoccupazioni, scrupoli, dobbiamo fidarci di come Lui ci vede, perché Lui sa, ricorda quanto noi abbiamo dimenticato, le ferite, gli errori in buona fede, i condizionamenti. Quando si avverte questo sguardo posato su di sé, anche il resto diventa più facile. Diventa più facile osservare i suoi comandamenti. Diventa più facile provare ad essere giusti, evitando di giudicare con durezza. Diventa più facile cercare di amare sempre perché si è scoperta la forza vitale dell’amore, forza che fa uscire dalle “tombe”. Pietro aveva sperimentato lo sguardo di Gesù sulla sua pelle, dopo averlo rinnegato: «il Signore voltatosi guardò Pietro» (Lc 22,61). Questo sguardo lo aveva portato fuori dal sepolcro del suo peccato attraverso un pianto doloroso ma anche liberatorio. E da allora per l’apostolo l’amore ha vinto su ogni paura e anche per lui Gesù è diventato, come leggiamo nella prima lettura, «il santo e il giusto». Cristo è dunque la nostra pace anche perché è la nostra giustizia. Non la giustizia del dare-avere, non la giustizia dei tribunali umani, ma la giustizia di chi, attraverso il suo amore infinito, conosce la verità dei cuori.
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