Setacciate la farina insieme al lievito e mettetela a fontana sulla spianatoia e nel cratere aggiungete le uova sbattendole con una forchetta, poi lo zucchero e il burro che avrete fatto ammorbidire, la scorza grattugiata del limone, il pizzico..
Ingredienti
300 g di farina, 1 bustina di lievito, 3 uova, 150 g di zucchero, 150 g di burro, un pizzico di sale, scorza grattugiata di 1 limone, 1 bustina di lievito.
Per il ripieno: 500 g di miele, 500 g di gherigli di noci, 2 cucchiai di pangrattato, scorza grattugiata di 1 limone, 1 tuorlo d'uovo.
Preparazione "Sfratti di Sorano"
Setacciate la farina insieme al lievito e mettetela a fontana sulla spianatoia e nel cratere aggiungete le uova sbattendole con una forchetta, poi lo zucchero e il burro che avrete fatto ammorbidire, la scorza grattugiata del limone, il pizzico di sale.
Impastate bene tutto fino a quando la pasta sarà elastica e morbida (se risulta troppo dura aggiungete un po' di latte). Fatene una palla e mettetela, avvolta in un canovaccio umido, a lievitare per circa 30 minuti.
Nel frattempo preparate il ripieno facendo scaldare il miele sul fuoco per circa 15 minuti, aggiungete i gherigli di noce tritati e fate cuocere per 1O minuti. Versate il pangrattato e la scorza del limone.
Mettete l'impasto a riposare in frigorifero per almeno 30 minuti. Stendete la pasta ricavando delle strisce larghe 5 centimetri che spalmerete con il miele alle noci.
Arrotolate e spennellate con il tuorlo d'uovo sbattuto al quale avrete aggiunto un cucchiaio di acqua. Fate cuocere in forno caldo a circa 200° finché i bastoncini sono dorati, basteranno circa 15 minuti.
Note:
La leggenda racconta che gli sfratti erano conosciuti anche dagli Etruschi, ma c'è chi sostiene che sono un dolce ebraico adottato dalla cucina maremmana. Di sicuro gli ebrei li preparano per il Rosh'ha'shanà, che è il nostro Capodanno e sono di buon augurio. Nelle zone del tufo: Pitigliano, Savana, Sorano sono ancora in uso nel periodo natalizio.
Tutti d'accordo, o quasi, sul nome 'sfratti' perché racconta Aldo Santini nella sua 'Cucina Maremmana', ricordano la forma di un bastone ed era a suon di bastonate che i proprietari terrieri sfrattavano i contadini morosi ed altrettanto succedeva agli ebrei che perdevano la fiducia della comunità in cui vivevano.
Mentre Giorgio Batini nel suo 'Buon Appetito Toscana', racconta che il nome deriva probabilmente da 'fratta', cioè macchia intricata di rovi o recinto rustico fatto con frasche di macchia dalle quali i vergari sfrattavano con dei bastoni il bestiame quando si era immacchiato tra i rovi, concordando sul termine 'sfrattare cioè cacciare via.